lunedì 5 dicembre 2011

LETTING GO - PRAYING MANTIS (TRACK REVIEW)

1981, Londra. Il chitarrista Dennis Stratton lascia, per divergenze stilistiche e ideologiche, gli Iron Maiden, dopo aver collaborato con loro al primo album Iron Maiden e ad alcuni pezzi del secondo album Killers. Contemporaneamente però, sempre nella capitale londinese, i fratelli Troy licenziano il chitarrista dal loro progetto Praying Mantis e quando vengono a sapere della dipartita di Stratton, non nascondendo il loro interesse per le sue doti stilistiche, tecniche e musicali non esitano a contattarlo. L'ex-Maiden ascolta i lavori scritti nell'album uscito proprio in quell'anno Time Tells No Lies (EMP, London, 1981) e rimane enormemente affascinato dal sound che la band propone. Accetta l'invito e per i Praying Mantis comincia una nuova era, un nuovo percorso, che li ridimensiona enormemente. Nel 1991, il primo album Predator in Disguise è già un successo.
Nel 1993 i Praying Mantis mostrano le loro qualità in modo molto più eclatante. Registrano A Cry For The New World (EMP, Londra, 1993)., in cui riescono a comunicare la loro maturità musicale trovando una loro dimensione, forse più aggressiva, qualità che, ironia del caso, Stratton, nei Maiden non apprezzava e che fu una delle cause del suo allontanamento. Tra i pezzi presenti nell'album ne voglio risaltare uno,  che secondo me merita attenzione particolare e che recensisco molto volentieri come il pezzo più bello dell'album.

L'intreccio in terza delle due chitarre è un particolare segno dell'inclinazione prettamente metal del pezzo ma al contempo di una scelta stilistica ben precisa. Gli accenti dati poi e in  battere dalla batteria e in accordo da una terza chitarra che si aggiunge, prima chiusa e poi aperta, si collegano con uno stacco di batteria ad un riff incredibilmente efficace a tal punto che i Praying Mantis decidono di ripeterlo ben quattro volte: due ad una chitarra e due a doppia chitarra in terza. Sotto la strofa si sentono le chitarre che non smettono di fraseggiare fino al bridge in cui sono preponderanti per lo più in accenti. Le tastiere risaltano la seconda strofa, cosa che nella prima era lasciato più alle chitarre.Sul finire del secondo chorus, sulla stessa identica nota finale si erge proprio l'assolo che prende possesso dell' anima del pezzo. Il primo solo non è complesso ma è molto efficace, perché non esagera e rimane costante per rimarcare il secondo con cui si collega in modo perfetto: mentre il primo mantiene la nota a metà frase, il secondo la stringe e la porta con sé nel secondo. Ma la prima chitarra non sparisce nel nulla anzi è lì, sottolinea in terza tutto il secondo assolo. E qui viene il bello.  La parte che segue crea una stupenda sonorità: testiere in tappeto in cori, e le chitarre che in quasi in "fin di vita" regiscono con uno stacco indimenticabile. L'outro solo  porta il pezzo a conludersi in volume fading... con una intensa portanza...

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