sabato 7 maggio 2011

GAMMA RAY – POWERPLANT (Album Review)

Chi conosce i Gamma Ray, sa benissimo di cosa sto parlando. Per chi invece non sa, beh, è un buon inizio per cominciare ed imparare. 


I Gamma Ray nascono nel 1989, dal genio del tedesco Kai Hansen, chitarrista, cantante (dal ’78 all’86) e fondatore degli Helloween, precursori per eccellenza del genere Power Metal. Dopo il verificarsi di alcuni dissapori con casa discografica e componenti, Hansen molla definitivamente gli Helloween proprio nel bel mezzo del tour di Keeper of the Seven Keys Part 2.  Poco tempo dopo, Hansen decide di costituire un progetto del tutto nuovo, che avrebbe riportato in vita il sano e buon Heavy Metal di qualità: i Gamma Ray. La prima line-up vede la presenza di Ralf Scheepers alla voce (già conosciuto durante i provini con gli Helloween), Uwe Wessel (basso) e Mathias Burchardt (batteria). Il sound facilmente consolidato dallo stesso Hansen sapeva senza alcun dubbio e grosse sorprese, ancora di Helloween.


Con Powerplant, (1999) sesto album in studio, i Gamma Ray raggiungono la vetta più alta della loro carriera. Sebbene ci siano stati degli alti anche in precedenza, con Powerplant i Gamma Ray danno vita ad uno degli album più lodevoli e incredibili. L’album ebbe un consenso fortemente positivo.



POWERPLANT, 1999 - Sanctuary Records
E’ sempre vero che il “buon giorno si vede dal mattino”, e Powerplant ne è la conferma. L’album inizia con l’energia sprigionata dal pezzo Anywhere in the Galaxy , che a occhio distrugge qualsiasi diffidenza potesse essere sorta prima dell’ascolto. Con esso l’album dà il suo miglior biglietto da visita. A questo segue Rezorblade Sigh: il flangering palm mute della chitarra e l’accattivante strofa cantata da Kai Hansen, non riescono a distogliere dall’ascolto e una volta arrivato al chorus diventa sempre più difficile fermare la prorompenza dell’album . La curiosità cresce poi quando lo strano intro di flauto su di uno sfondo di pioggia vento, tempesta e tuoni si tramuta nel riff ricco e potente di Sand Me A Sign. Arriva il momento di Gardens of the Sinner. Il pezzo è una delle colonne portanti  e il “più” micidiale di tutto il lavoro.  Un pezzo certamente da lodare. Si vede come i Ray non disprezzino inserire anche qualcosa che esula dal loro repertorio inserendo una cover di It’s a Sin dei Pet Shop Boys., completamente rivisitata in loro stile Heavy Metal. La forte e chiara linea che i Ray vogliono lasciar trasparire viene ripresa splendidamente ancora dal riff di Heavy Metal Universe. Che non ci sia un attimo di respiro, fino qui lo si era capito, ma arriva il momento di Wings Of Destiny; ancora una volta una brillante introduzione lascia spazio ad una strofa e un ritornello molto piacevoli. A questo punto, l’album si complica con Hand of Fate, che è un pezzo un po’ più “incerto” rispetto agli altri, in forma e composizione: inizialmente si presenta come un pezzo destinato ad essere lento e quasi dai tratti “epici”, ma subito cambia faccia in un pezzo non molto funzionale. Fortunatamente l’epilogo, è una rapsodia strutturata in otto minuti: Armageddon chiude in modo molto elegante tutto il concept, e i Gamma Ray lasciano in eredità alla storia dell’Heavy e del Power un album davvero memorabile. 


La Versione Rimasterizzata e le Bonus Tracks
I Ray rimasterizzano Powerplant nel 2003 con l’aggiunta di tre tracce:
-   - A While in A Dreamland, può essere considerato un bel pezzo, ma non segue affatto la dirompenza dell’album,
-    - Rich & Famous, è un pezzo decisamente adatto all’album e si conforma perfettamente,
-   - Long Live Rock’n’Roll Cosa dire? E’ uno dei tributi maggiormente riusciti. I Gamma Ray confermano le loro origini, i loro “dei” e il loro “credo” conquistandosi la stima di tutto l’ambiente metal.